Un censimento sulla fauna selvatica, il più grande nel suo genere, condotto a Chernobyl, ha rivelato che il numero delle specie di mammiferi è in declino nella zona di esclusione atttorno alla centrale nucleare.
Hanno lavorato congiuntamente a questo progetto, i cui risultati sono stati diffusi nella rivista “Ecological Indicators”, il Professor Timothy Mousseau dell’Università della Carolina del Sud ed il Dottor Anders Moller dell’Università di Parigi-Sud, Francia. Il lavoro si è basato su quattro anni di catalogazione e studio degli animali (insetti, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi) nella Zona di esclusione di Chernobyl ed è stato mirato a stabilire il metodo più affidabile per misurare l’impatto sulla fauna selvatica della contaminazione radioattiva.
“Gli uccelli offrono la miglior “misura quantitativa” di questo impatto”, dicono gli scienziati, “ed il censimento delle specie animali in quest’area, effettuato per più di tre anni, ha prodotto notevoli prove che dimostrano come la radioattività abbia un “impatto significativo” sulla diminuzione della biodiversità”.
Nella precedente pubblicazione, i due ricercatori, avevano descritto e dimostrato gli impatti negativi sugli uccelli ed insetti delle basse dosi di radiazioni che ancora contaminano la zona di esclusione intorno alla centrale atomica.
Hanno lavorato congiuntamente a questo progetto, i cui risultati sono stati diffusi nella rivista “Ecological Indicators”, il Professor Timothy Mousseau dell’Università della Carolina del Sud ed il Dottor Anders Moller dell’Università di Parigi-Sud, Francia. Il lavoro si è basato su quattro anni di catalogazione e studio degli animali (insetti, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi) nella Zona di esclusione di Chernobyl ed è stato mirato a stabilire il metodo più affidabile per misurare l’impatto sulla fauna selvatica della contaminazione radioattiva.
“Gli uccelli offrono la miglior “misura quantitativa” di questo impatto”, dicono gli scienziati, “ed il censimento delle specie animali in quest’area, effettuato per più di tre anni, ha prodotto notevoli prove che dimostrano come la radioattività abbia un “impatto significativo” sulla diminuzione della biodiversità”.
Nella precedente pubblicazione, i due ricercatori, avevano descritto e dimostrato gli impatti negativi sugli uccelli ed insetti delle basse dosi di radiazioni che ancora contaminano la zona di esclusione intorno alla centrale atomica.
Rondine del fienile normale (a sinistra) e parzialmente albina a sinistra
I nuovi dati sui mammiferi e rettili mostrano ciò che il Professor Mousseau descrive come “un segnale forte” della riduzione della biodiversità anche in questi gruppi. Il team di ricerca ha confrontato le specie presenti nella zona chiusa con quelle di analoghi tipi di habitat nell’area, che non sono stati però contaminati.
“La verità è che gli effetti nocivi della contaminazione radioattiva sono talmente grandi da risultare schiaccianti. Gli effetti sono particolarmente evidenti negli uccelli”, ha detto Mousseau a BBC News.
Nel suo studio su una specie di rondini, il team ha osservato la presenza di tumori alle zampe, collo ed intorno agli occhi. “Pensiamo che questi possano essere più suscettibili, dopo i periodi delle lunghe migrazioni, quando gli uccelli vengono sottoposti ad un ulteriore stress ambientale”, dice Mousseau.
Gli uccelli migratori potrebbero essere maggiormente sensibili agli effetti della radioattività.
Viene smentito il “paradiso per la fauna selvatica”
Gli scienziati ucraini criticano queste conclusioni. Secondo loro, la zona sta diventando un rifugio per la fauna selvatica a causa della mancanza di interferenza umana.
Ma Mousseau dice che queste dichiarazioni sono “puramente aneddotiche”.
“Questo è il primo documento che fornisce dati rigorosi e quantitativi sul fatto che la vita dei mammiferi della zona chiusa è significativamente influenzata dalla presenza della contaminazione radioattiva. In ogni caso, non penso che sia una cattiva idea definire questa zona “un rifugio per la fauna selvatica”, se questo venisse però utilizzato come “laboratorio naturale”, in cui fosse possibile studiare le conseguenze a lungo termine di questo tipo di incidente”, dice.
Il professor Mousseu ha anche criticato un recente film documentario intitolato “Chernobyl, a natural history", promosso da una società di produzione francesce, che mostra come la natura abbia “ricolonizzato” la zona di esclusione in assenza dell’uomo.
“Se la società vuole sempre saperne di più sulle conseguenze a lungo termine delle grosse catastrofi ambientali – e Chernobyl è solo una delle tante – è importante che tutti noi (ricercatori) prendiamoseriamente le nostre responsabilità”, dice Mousseau.
Fonte: bbc.co.uk e radionz.co.nz, 31 luglio 2010; Traduzione: Progetto Humus
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