MOSCA - Dieci anni fa, era il 15 dicembre del 2000, si scriveva almeno tecnicamente la parola 'the end' sulla vicenda della centrale atomica ucraina di Cernobyl, il più grande disastro nucleare della storia che - secondo i numeri ufficiali - ha ucciso direttamente 65 persone e causato la morte, per patologie correlate, di almeno 4 mila abitanti delle zone circostanti, in base alle stime dell'Oms e dell'Agenzia Nucleare internazionale. Ma che potrebbe aver fatto un numero terrificante e ben superiore di vittime: fino a mezzo milione sarebbero infatti i morti ricollegabili negli anni a quella tragedia, secondo studi pubblicati negli anni scorsi da esperti e associazioni che si occupano della vicenda. Un disastro che - secondo alcuni esperti - potrà essere definitivamente 'cancellato', in termini di conseguenze, solo tra mezzo secolo, nel 2065. Il terzo reattore del 'mostro', l'unico che era rimasto ancora in funzione da quel 26 aprile del 1986, quando il mondo registrò la più grave sciagura nucleare civile della storia, é stato 'spento' dieci anni fa. In una cerimonia solenne per rendere omaggio alle vittime "e per il bene ed il futuro dei vivì", aveva detto in quell'occasione l'allora presidente Ucraino Leonid Kuchma, fermando con quello 'switch off' la centrale nucleare più tristemente celebre al mondo. E mentre mercoledì si celebreranno i dieci anni dallo spengimento, l'Ucraina l'anno prossimo prevede di aprire le porte dell'impianto al turismo di massa (le visite finora erano riservate solo a determinati gruppi autorizzati dal governo a 'tariffe' che andavano dai 200 ai 400 dollari). Lo ha annunciato proprio oggi il ministro per le Emergenze di Kiev, Viktor Baloga, spiegando che entro fine anno dovrebbero essere completate le procedure.
E dal gennaio prossimo partire i 'tour' per i turisti nel luogo della tragedia. Tragedia che vide quella notte (l'orologio segnava l'una, 23 minuti e 44 secondi) del 26 aprile 1986 il quarto reattore dell'impianto esplodere nel corso di un test sul funzionamento della turbina nel caso di black out elettrico. In quel momento, all'interno del reattore di Chernobyl - nella regione ucraina al confine con la Bielorussia, all'epoca però l'intera regione era parte dell'Urss - c'erano circa 200 tonnellate di uranio e, secondo gli esperti, circa il 50% di iodio e il 30% di cesio fuoriuscirono, disperdendosi nell'atmosfera e provocando una nube radioattiva che si diresse verso l'Europa occidentale. Solo il giorno successivo, 36 ore dopo l'incidente, furono evacuati i 45mila abitanti della zona e nei giorni dopo altre 130mila persone in un raggio di 30 km dovettero lasciare le proprie case.
Nei primi dieci giorni successivi alla catastrofe, oltre 30 elicotteri militari tentarono di tamponare la fuga radioattiva, versando oltre 1800 tonnellate di sabbia e 2400 di piombo sul reattore. Solo 11 giorni dopo la tragedia, era il 6 maggio dell'86, la situazione fu definita 'sotto controllo'. I morti furono prima tre, poi una decina, infine 65. Ma si trattò di un conto destinato a salire esponenzialmente. E che ancora oggi non si è fermato: nella zona non solo continuano a nascere bambini con gravi malformazioni, ma resta anche allarmante il numero di casi di tumori e altre patologie gravi. Intorno alla centrale si continua intanto a lavorare: sono infatti in corso i lavori per la realizzazione di un nuovo 'sarcofago', destinato a sostituire quello ormai 'vecchio' che incapsula i resti del reattore numero 4. E i lavori dovrebbero essere completati entro il 2015, ha detto oggi Baloga.
Fonte: Ansa.it, 12 dicembre 2010.
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